Domande suggestive: il divieto di porle vale per tutti
Cass. sez. III 18.01.2012 n. 7373
La massima: “nonostante il divieto di formulare al testimone domande
suggestive sia dalla legge espressamente previsto con riferimento alla sola
parte che ha chiesto la citazione del teste, lo stesso deve tuttavia applicarsi a tutti i soggetti che
intervengono nell’esame testimoniale, operando ai sensi del comma 2
dell’art. 499 c.p.p. per tutti costoro il divieto di porre domande che possono
nuocere alla sincerità delle risposta e dovendo anche dal giudice essere
assicurata in ogni caso la genuinità delle risposte ai sensi del comma 6 del
medesimo articolo”.
In base al
disposto dell’art. 499 comma III c.p.p. la
parte che ha chiesto la citazione del testimone e quella che ha un interesse
comune non possono porre domande che tendono a suggerire le risposte.
La norma,
consente quindi la formulazione di domande
suggestive solo in sede di controesame.
La pronuncia in
esame, pur non dotata dell’autorevolezza delle Sezioni Unite, giunge a
conclusione differente, ritenendo vietate le domande suggestive per tutti
coloro che procedono all’esame, escludendo quindi la loro liceità anche in sede
di controesame.
Sul punto, manca
univocità di vedute, essendoci precedenti e recenti orientamenti contrastanti.
Secondo il primo
(Cass. sez. III 28.10.2009 n. 9157)
“il divieto di porre al testimone domande
suggestive non opera né per il giudice né per l’ausiliario di cui il giudice si
avvalga nella conduzione dell’esame testimoniale del minorenne”;
Nella seconda
più recente decisione (Cass. sez. III
11.05.2011 n. 25712) si sostiene che “il
giudice che procede all’esame diretto del testimone minorenne non può formulare
domande suggestive”
La Suprema Corte
ritiene che il divieto di formulare domande suggestive debba applicarsi a tutti
i soggetti che intervengono nell’esame testimoniale, poiché per tutti opera (ex art. 499 comma II c.p.p.) il divieto
di porre domande che possono nuocere alla sincerità della risposta e dovendo il
giudice, in base al comma VI, assicurare la genuinità delle risposte durante
tutto l’esame testimoniale, e quindi anche in sede di controesame.
La Corte quindi
riconduce le domande suggestive nel più ampio genus delle domande nocive, vietandole del tutto.
Quid iuris laddove, nonostante il divieto si
pongano ugualmente domande suggestive?
La decisione in commento ritiene
che la violazione delle regole che sovrintendono all’esame dei testimoni non
sia suscettibile di sanzione, riferendosi il divieto di utilizzazione ex art. 191 c.p.p. alla prova vietata
nel suo complesso e non alle modalità (irregolari) di assunzione di una prova
consentita (Cass. sez. V, 17.07.2008 n. 38271; Cass. sez. I 06.05.2008 n.
32851).
Stante il
principio di tassatività delle nullità ex
art. 177 c.p.p., la violazione delle regole dettata in materia di
assunzione della prova, non rientrando nel numerus
clausus, non determina la nullità della sua assunzione.
L’inosservanza
delle regole stabilite dal codice di rito a tutela della sincerità e genuinità
delle risposte del teste pur se non sanzionata inficia comunque la genuinità e
l’attendibilità della prova.
Il giudice
quindi non può genericamente affermare la validità del mezzo istruttorio ma
nell’apprezzarne il contenuto deve tener conto degli elementi che possono
averne alterato la naturalezza e trarne le dovute conclusioni.
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