Vietati i certificati medici tramite telefono
Corte
di Cassazione V sez. penale 15 maggio 2012 sentenza n. 18687
(a cura del Dott. Antonio Giuliano)
La
massima: “il medico non può
emettere un certificato attestante le condizioni di salute del paziente
basandosi semplicemente sulle dichiarazioni di questi e sulla diagnosi emersa
in seguito ad una precedente visita”
L’emissione di certificati medici di malattia
non può avvenire per telefono.
Il suddetto vincolo, posto all’operato dei
medici di base, è il risultato di una recentissima pronuncia della Suprema
Corte. Con la sentenza n. 18687 del 15 maggio 2012, infatti, la V sez. penale
della Corte di Cassazione ha introdotto un significativo contributo
all’interpretazione delle modalità di emissione dei certificati medici, condannando
per falso ideologico ex art. 480 c.p. un medico di Milano che, senza visitare una propria
paziente, aveva emesso un certificato con il quale si attestava la proroga
della prognosi in merito al decorso della malattia della suddetta paziente.
Non è bastato al medico l’aver fatto presente di
aver visitato la paziente quattro giorni prima, e l’aver emesso il certificato
di proroga sulla scorta del breve lasso di tempo intercorso tra l’ultima visita
e la redazione del predetto certificato.
Al riguardo, va sottolineato che il divieto di
redazione di certificati senza contestuale visita afferisce quindi anche alle
attestazioni che rilevino una proroga della sussistenza dello stato patologico,
a nulla rilevando le mere informazioni fornite dal paziente.
Sul punto, la Suprema Corte chiarisce che “la falsa attestazione attribuita al medico
non attiene tanto alle condizioni di salute della paziente, quanto piuttosto al
fatto che egli ha emesso il certificato senza effettuare una previa visita e
senza alcuna verifica oggettiva delle sue condizioni di salute, non essendo
consentito al sanitario effettuare valutazioni o prescrizioni semplicemente
sulla base di dichiarazioni effettuate per telefono dai suoi assistiti”.
La Cassazione, pertanto, pone l’accento non
sulla veridicità dell’attestazione contenuta nel certificato, ma sul percorso
attraverso il quale si perviene alla medesima.
Ad essere stigmatizzato è quindi il modus operandi del medico, il quale,
senza effettuare un reale accertamento delle condizioni di salute della propria
paziente, emette un certificato basandosi semplicemente sulle dichiarazioni di
quest’ultima e sulla diagnosi emersa in seguito ad una precedente visita.
Al riguardo, la Suprema Corte sancisce
l’irrilevanza delle “considerazioni sulla
effettiva sussistenza della malattia o sulla induzione in errore da parte della
paziente”. Tale pronuncia contribuisce a far luce in modo ampiamente
significativo sui criteri che i medici di base devono adottare nell’emissione
dei certificati di malattia, ponendo forti limiti a qualsiasi scorciatoia in
ordine all’ottenimento delle suddette attestazioni.
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