Sui rapporti tra azione civile e penale


 Mevio, giovane laureato di belle speranze, dopo aver tanto penato alla ricerca di un lavoro finalmente viene contattato da un’importante azienda nel campo della tecnologia informatica.
Il giorno del colloquio, chiaramente emozionato, Mevio si reca all’appuntamento in sella al suo scooter.
A pochi passi dall’azienda, mentre impegna un incrocio avendo il semaforo verde, purtroppo viene investito ed ucciso da un’auto sopraggiunta da altra direzione guidata da Caio, che non ha rispettato il semaforo e, successivamente ad un controllo, risulterà essere sotto l’influenza dell’alcool.


I genitori di Mevio, disperati per la perdita del loro unico figlio, al fine di sapere se possono o meno ottenere un risarcimento per la sua morte, si rivolgono a Tizia, giovane avvocato che, superato da poco l’esame, ha deciso di aprire uno studio tutto suo.
Il legale si troverà, quindi, di fronte alla possibilità di avanzare pretesa risarcitoria in sede civile ovvero costituirsi parte civile in ambito penale.


Preliminarmente, la giovane Tizia dovrà chiarire agli affranti genitori che, ai sensi dell’art. 185 comma II c.p. “ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui”.
Nel processo penale quindi l’intervento della parte civile è finalizzato ad ottenere le restituzioni o il risarcimento del danno ricollegabile al reato che si accerta in sede penale.

Correttamente, la parte civile è stata definita[1] non già un accusatore privato bensì un soggetto proteso al soddisfacimento delle sue pretese di carattere civilistico.
Non sempre il danneggiato coincide con l’offeso.
Nella fattispecie, il soggetto offeso è Mevio, titolare del bene giuridico protetto dalla norma (nel caso de quo il bene vita) mentre i danneggiati sono i genitori che hanno patito un danno non patrimoniale: la perdita del loro unico figlio.

Le norme chiave in materia sono contenute nel titolo V del libro I del codice di rito.
L’art 74 c.p.p. stabilisce che l’azione civile nel processo penale può essere esercitata solo dal soggetto cui il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali nei confronti dell’imputato o del responsabile civile.

Tuttavia, è l’art. 75 c.p.p. ad avere un ruolo fondamentale nel disciplinare i rapporti tra azione civile e penale.
Invero, le due azioni possono essere parallele ed indipendenti.

Il comma I, sancisce che l’azione civile proposta dinanzi al giudice civile può trasferirsi nel processo penale fino alla sentenza civile di merito non passata in giudicato.
Laddove ciò accada, la parte rinuncia agli atti del procedimento civile. E’agevole notare come la norma conferisca la possibilità (può) e non imponga l’obbligo di trasferimento.

Il comma II conferma la tesi prevedendo che l’azione civile prosegua in sede civile se non è trasferita in ambito penale ovvero è iniziata quando la costituzione di parte civile non è più ammessa. In tal caso, la sentenza penale non esplica alcuna efficacia nel giudizio civile. Se, ad esempio, Caio è assolto dall’accusa di omicidio colposo/doloso nel giudizio penale, nulla impedisce al giudice civile di condannarlo al risarcimento del danno.

Il comma III disciplina l’ipotesi di passaggio da un processo all’altro.
Prima ci si costituisce parte civile in sede penale, successivamente rendendosi conto che le cose in ambito penale stanno andando male, si pensa furbamente di rivolgersi al giudice civile nella speranza di avere miglior sorte: il codice in tal caso sancisce che il processo civile è sospeso fino all’irrevocabilità della sentenza penale.

Tale pronuncia poi, ai sensi degli artt. 651 e 652 c.p.p., produrrà efficacia di giudicato nel giudizio civile. Salvo che, in merito alla sentenza assolutoria, il danneggiato abbia esercitato azione tempestiva in sede civile, ai sensi dell’art. 652 comma I c.p.p.

Parimenti, l’azione civile può trasferirsi dal giudizio penale a quello civile ai sensi dell’art. 82 comma II c.p.p. trovando applicazione anche in tal caso il disposto di cui all’art. 75 comma III c.p.p. con relativa sospensione del giudizio civile ed efficacia di giudicato.

Al termine della lunga ed articolata spiegazione, i genitori di Mevio decidono di costituirsi parte civile nel processo penale.
Munita di procura speciale ex art. 100 c.p.p., ai sensi dell’art. 78 c.p.p. Tizia redige un’articolata dichiarazione di costituzione di parte civile specificando le ragioni che giustificano la domanda ai sensi della lett. d) del comma I della predetta norma.

Ricordandosi di presentare conclusioni scritte con l’indicazione del quantum del risarcimento ai sensi dell’art. 523 comma II c.p.p. l’Avvocato Tizia, ai sensi dell’art. 79 c.p.p., si costituirà parte civile per l’udienza preliminare ovvero fino alla costituzione delle parti ex art. 484 c.p.p. per rendere giustizia alla memoria del giovane Mevio.






[1] G. Conso – V. Grevi, Compendio di procedura penale, V ed. Cedam 2010, pag. 119

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