Archiviazione ed escussione del soggetto precedentemente indagato in procedimento connesso

a cura della Dott.ssa Alessandra Arfè

Le modalità di escussione del “210 archiviato”.
Il tema afferente le modalità di escussione della persona offesa precedentemente indagata per una fattispecie soggettivamente o teleologicamente collegata ad un procedimento in corso, è oggetto di numerosi dibattiti e confronti. 
La vicenda discussa in dottrina ed in giurisprudenza, è stata affrontata “definitivamente” dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione nel 2009, a seguito delle molteplici interpretazioni e risoluzioni poco uniformi che le pronunce di merito avevano adottato nella prassi, anche in ragione degli effetti prodotti dalla normativa di cui alla L. n. 63 del 2001 sul c.d. “giusto processo”.
Con l’ ordinanza del 6 maggio 2009, la Sesta Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite.

Il problema.
Può il soggetto cumulante la qualità di persona offesa ed indagato in un procedimento connesso ai sensi della lett. c) del comma 1 dell’art. 12 c.p.p. o collegato a norma della lett. b) del comma 2 dell’art. 371 c.p.p. assumere l’ufficio di testimone, senza il previo avviso di cui all’art. 64 comma 3 lett. c) e senza il rispetto delle norme che regolano l’assunzione delle dichiarazioni del “testimone assistito”?
E ciò anche con riguardo all’ipotesi in cui tale ultimo procedimento si sia chiuso con provvedimento di archiviazione?

La soluzione.
La pronuncia delle SSUU del 2009 - sentenza “De Simone”- viene preceduta da alcune decisioni di portata costituzionale. 
Storicamente, la problematica veniva ad inaugurarsi in seguito agli effetti prodotti dalla L. n. 63/2001 che nulla aveva affermato sulla differenza tra “capacità e compatibilità a testimoniare”. 
La vicenda prendeva le sue forme in merito alla difficoltà di attribuire al provvedimento di archiviazione o alla sentenza di non luogo a procedere pronunciata a seguito di una vera e propria udienza, il c.d. carattere di stabilità, assimilabile a quello di una sentenza irrevocabile.
La Corte Costituzionale, nel ribadire la necessità di un intervento del legislatore che potesse offrire una specificazione in tema di regime applicabile ad hoc alle diverse tipologie di soggetti, i cui procedimenti penali fossero stati oggetto di archiviazione, per le più diverse motivazioni, ha rilevato come non potesse parlarsi dell’archiviazione come un provvedimento a percorso di risoluzione univoca.

Infatti anche ai sensi dell’art. 414 c.p.p. l’archiviazione potrà essere disposta almeno per cinque diverse motivazioni:
1) risultano ignoti gli autori del reato (unica circostanza in merito alla quale non è prevista la richiesta al GIP per la riapertura delle indagini);
2) manca la condizione di procedibilità;
3) la notizia di reato è infondata;
4) il reato risulta estinto;
5) il fatto non è previsto dalla legge come reato. 
Tutte queste diverse circostanze “si atteggiano in modo differente quanto alla loro normale forza di resistenza rispetto ad una eventuale riapertura delle indagini ex art. 414 c.p.p. e potrebbero quindi suggerire una disciplina differenziata in tema di compatibilità con l'ufficio di testimone”.

Al disorientamento prodotto dagli effetti della L. n. 63/2001 si aggiungano le pronunce della giurisprudenza di merito e della Corte Costituzionale. 
La difficoltà di optare per l’adozione di una interpretazione coerente a Costituzione ed armoniosa in termini codicistici, ha imposto l’intervento della Corte di Cassazione a sezioni semplici. 
Le prime pronunce della giurisprudenza di legittimità si erano orientate verso interpretazioni che consideravano il provvedimento di archiviazione atto inidoneo a produrre una situazione di stabilità processuale.
La posizione del soggetto archiviato era così, di fatto, equiparabile a quella dell’imputato per reato connesso o collegato con procedimento pendente.
Ne conseguiva che per l’ex indagato archiviato per il medesimo reato o in un procedimento connesso a norma dell’art. 12 comma 1, lett. a), c.p.p. si dovessero seguire le modalità dell’esame previste dall’art. 210 c.p.p.; ciò vale ugualmente per l’ex indagato archiviato connesso teleologicamente o collegato, a meno che questi non abbia reso dichiarazioni sul fatto altrui, previo avvertimento ai sensi dell’art. 64 comma 3, c.p.p.
La situazione affrontata dalle SS UU nel dicembre del 2009 cambiò radicalmente. 

La decisione. 
Le Sezioni unite risolvevano il contrasto giurisprudenziale esistente in tema di cumulo tra le qualifiche di persona offesa e di imputato connesso o collegato e soltanto in via pregiudiziale, prendevano in esame la questione riguardante lo status da attribuire all’indagato connesso o collegato nei cui confronti fosse stata disposta l’archiviazione.
La Corte di Cassazione a Sezioni unite, attraverso un’articolata ricostruzione del sistema, giungeva ad affermare che la persona già indagata in procedimento connesso ai sensi dell’art. 12 comma 1, lett. c), c.p.p. o per reato probatoriamente collegato, nei cui confronti fosse stata pronunciata archiviazione, dovesse essere sentita come testimone comune.

Le critiche alla soluzione.
Sono state espresse delle perplessità sulla tenuta di tale orientamento, oltre che sulla sua giustificazione od opportunità logica.
In effetti la Corte, secondo alcune posizioni critiche nei confronti di tale indirizzo pur prevalente, rischia di sminuire le garanzie applicabili nei confronti di chi sia stato destinatario di un provvedimento di archiviazione (questione inerente il diritto al silenzio, dimensione specifica del diritto di difesa), soprattutto nel momento in cui paragona l’intervenuta archiviazione non già agli altri possibili epiloghi del procedimento penale, bensì all’esercizio dell’azione penale, iniziativa “esattamente antitetica all’esercizio dell’azione penale”.


Il principio. 
In conclusione, dunque, le Sezioni Unite hanno affermato il principio di diritto in base al quale “la disciplina limitativa della capacità testimoniale di cui all’art. 197 comma 1 lettere a) e b), all’art. 197-bis e all’art. 210 c.p.p., non è applicabile alle persone sottoposte ad indagini in un procedimento connesso o relativo a reato collegato nei cui confronti sia stato emesso provvedimento di archiviazione”.
Pertanto, la disciplina limitativa della capacità testimoniale di cui all'art. 197, comma 1, lett. a) e b), all'art. 197-bis e all'art. 210 c.p.p. non è applicabile alle persone sottoposte alle indagini nei cui confronti sia stato emesso provvedimento di archiviazione.

Commenti

  1. Interessante, ma Lei ritiene sia giusta la decisione delle Sezioni Unite, o alla luce della sua esperienza, ritiene che il soggetto indagato (in un proc. connesso o collegato archiviato) non potendo trincerarsi dietro la disciplina limitativa della capacità testimoniale (art 197 c.1 l-a e-b, art 197-bis e 210 c.p.c.) subisca un nocumento al suo diritto di difesa?

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  2. A mio avviso l'indagato subisce un notevole pregiudizio atteso che nei suoi confronti possono sempre riaprirsi le indagini preliminari e non può evitare di rispondere a domande da cui potrebbe emergere una sua responsabilità penale.

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