Diritto di critica dei parlamentari
Corte di cassazione - Sezione V penale -
Sentenza 10 maggio 2012 n. 17700
La massima: “l’esimente di cui all’art. 68 Costituzione non opera quando l’opinione
espressa non è connessa alla funzione di parlamentare, essendo un comizio
elettorale privo di legami con tale funzione e finalizzato soltanto ad ottenere
il consenso degli elettori”
La vicenda trae
origine dalle affermazioni rese nel corso di un comizio elettorale da Silvio Berlusconi in cui lo stesso affermava che Antonio Di Pietro “si era laureato grazie ai Servizi”, rappresentava il “peggio del peggio” ed “aveva mandato in galera italiani senza
alcuna prova”.
Il giudice di
prime cure riteneva che le parole dell’imputato Berlusconi, pur costituendo una
critica, fossero espressione della funzione parlamentare e come tali coperte
dall’art. 68 Cost. a tenore del quale, “I
membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni
espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”.
Dichiarava
quindi Berlusconi non punibile per il reato di diffamazione nei confronti di Di
Pietro per aver agito nell’esercizio della funzione parlamentare.
A seguito del
ricorso del Pm la Corte ha statuito quanto segue.
Preliminarmente,
richiamando un precedente indirizzo giurisprudenziale (Cass. 2384/2010),
chiarisce come all’esimente riconosciuta al parlamentare non si applichino i
parametri del rispetto della verità, della rilevanza sociale e della continenza
che normalmente rilevano in tema di diffamazione ex art. 595 c.p.
La guarentigia ex art.
68 Cost. ricorre, in caso di attività del parlamentare espletata fuori dal
Parlamento, solo laddove l’opinione sia connessa alla sua funzione, legata cioè
da nesso eziologico a quanto espresso in sede parlamentare, di cui rappresenti
quindi divulgazione extra moenia.
La Cassazione,
nel caso di specie, ha ritenuto l’assenza di relazione causale: le espressioni
di Berlusconi non riguardavano la figura di uomo politico di Di Pietro ma ne
denigravano la sua figura personale e professionale.
La Corte annulla
quindi la sentenza impugnata rinviando al giudice a quo.
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