Il solo appoggio elettorale non integra il reato di associazione mafiosa
La massima: “il rapporto tra
l’associazione mafiosa ed un esponente politico assume rilievo penale in termini
di partecipazione o concorso esterno a condizione che non si sia sostanziato
soltanto nell’appoggio elettorale dell’associazione in favore dell’esponente
politico. Occorre che il rapporto
incida sugli interessi dell’associazione e si concreti in una illecita
corrispettività di prestazioni”.
Preliminarmente,
sul punto è opportuno richiamare una precedente pronunzia a sezioni unite della
Cassazione (12.07.2005 n. 33748) secondo cui la partecipazione all’associazione
è configurabile anche nell’ipotesi di scambio
politico-mafioso in cui un uomo politico, non stabilmente inserito nel
tessuto criminale, in cambio dell’appoggio richiesto si impegni a favorire gli
interessi del gruppo delinquenziale.
Secondo la recente
pronuncia del 2012, l’associazione mafiosa di cui all’art. 416 bis c.p. si integra in presenza dei
seguenti presupposti:
-
l’impegno assunto dal politico deve rivestire il
carattere della serietà, desunta sia dalla caratura del personaggio che dalla
struttura ed “efficienza” del
sodalizio criminoso;
-
è necessaria la sussistenza di un nesso eziologico tra
gli impegni assunti dall’esponente politico ed il rafforzamento
dell’organizzazione criminale;
-
l’intervento mafioso nella competizione elettorale deve
estrinsecarsi attraverso connotazioni criminali specifiche indicative di un
rapporto privilegiato con il candidato.
Sulla scorta di
tali considerazioni, ritenendo nel caso de
quo l’insussistenza dei requisiti richiesti, la Cassazione ha annullato
l’ordinanza confermativa di custodia cautelare emessa dal Tribunale della
Libertà di Reggio Calabria con la quale si riconosceva un candidato politico
locale intraneo ad una cosca della ndrangheta.
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