L’estrazione di notizie da banche date a fini personali integra l’accesso abusivo a sistema informatico
Cassazione Sezioni Unite 27.10.2011 n. 4694
La massima: “integra il delitto di accesso abusivo a sistema informatico o
telematico ex art. 615 ter c.p. la condotta di chi, pur essendo abilitato,
travalichi le condizioni ed i limiti imposti dal titolare del sistema per
delimitarne oggettivamente l’accesso, a nulla rilevando le finalità che ne
hanno motivato l’ingresso”.
La pronuncia in
esame trae origine dalla condotta di un maresciallo dei Carabinieri introdottosi nel Sistema di Indagine
(denominato S.D.I. in dotazione alle forze di polizia) il quale, pur essendo
abilitato all’accesso, ne traeva informazioni relative ad un’indagine di cui
non era investito.
L’intervento
della Sezioni Unite è stato
determinato dall’assenza di uniformità di vedute.
Invero, secondo
un primo orientamento (Cass. sez. V,
22.09.2010 n. 39620; 16.02.2010 n. 19463; 10.12.2009 n. 2987) la norma
di cui all’art. 615 ter c.p. sanziona non solo la condotta di chi, non essendo
abilitato ad accedere al sistema informatico, riesca tuttavia ad entrarvi
superando le protezioni previste, ma anche quella del soggetto abilitato che
legittimamente si introduce nel sistema ma per finalità diverse da quelle per le quali l’accesso gli è consentito.
Un diverso
filone (Cass. sez. V, 25.06.2009 n. 40078; 29.05.2008 n. 26797; 20.12.2007 n.
2534 ) valorizzando l’espressione abusivamente
ritiene illecito il solo accesso effettuato dal soggetto privo di abilitazione,
reputando lecita la condotta di chi, abilitato, vi acceda per finalità estranee
a quelle di ufficio. Ai sensi dell’art.
618 c.p.p. la V sezione della Cassazione ha rimesso il ricorso alle Sezioni
Unite.
Queste ultime
ritengono che assuma preminente rilievo il profilo oggettivo dell’accesso e del
trattenimento nel sistema informatico da parte di un soggetto non autorizzato
ad accedervi e permanervi, sia quando violi i limiti impartiti dal titolare del
sistema sia quando ponga in essere operazioni differenti da quelle di cui è
incaricato e per le quali l’accesso gli è consentito: in tal caso il soggetto
agente opera illegittimamente.
Il titolare del
sistema lo ha ammesso a determinate condizioni in assenza ed in violazione
delle quali le operazioni compiute non possono ritenersi scriminante dall’autorizzazione ricevuta.
Il dissenso
tacito richiesto dalla norma viene desunto dalla oggettiva violazione delle disposizioni impartite dal titolare in
ordine all’uso del sistema, a nulla rilevando le finalità perseguite
dall’agente. Parimenti, laddove l’agente compia un’attività rientrante
nell’autorizzazione ricevuta, non si configura il delitto de quo a prescindere dallo scopo perseguito, sia esso anche
illecito.
L’assenza di
volontà, espressa o tacita, si desume quindi sic et simpliciter in conseguenza della obiettiva
violazione delle prescrizioni impartite dal dominus
in merito all’uso del sistema. Non assumendo rilievo alcuno la direzione
finalistica della condotta.
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