I reati culturalmente orientati


Cassazione sez. VI 26-04. – 05.07 2011 n. 26153

La massima: al fine di escludere il dolo del delitto di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. nessun rilievo assume la circostanza che il marito abbia agito sulla base della convinzione della superiorità della figura maschile all’interno della famiglia e della conseguente legittimità di atteggiamenti padronali verso la moglie”.

Il Tribunale di Foggia e la Corte d’appello di Bari condannano Tizio per il delitto di maltrattamenti in famiglia e di lesione personale aggravata in danno della moglie.

La difesa ricorre in Cassazione adducendo la mancanza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato contestato.
In particolare, al fine di escludere l’elemento soggettivo del reato de quo, si considerano i comportamenti di Tizio espressione della sua condizione socio-culturale invocando la particolare considerazione che l’imputato ha della moglie: “un oggetto di sua esclusiva proprietà”.

La sussistenza dell’elemento oggettivo del reato è stato accertato dai giudici di merito verificando come l’uomo, fin dai primi giorni di matrimonio e per tutto il tempo della convivenza, avesse vessato continuamente la moglie.

Il supremo Collegio ha osservato che gli atteggiamenti derivanti da subculture in cui sopravvivono pretese di superiorità del padre-marito non hanno alcun rilievo al fine di escludere l’elemento soggettivo del reato né, tantomeno, al fine di eliminare l’imputabilità.

La reiterazione per oltre un trentennio di tali anacronistici atteggiamenti è stata correttamente valutata dai giudici di merito, prosegue ancora la Cassazione, per ben ponderare l’intensità del dolo e l’entità delle sofferenze e del danno patito dai familiari

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