Illegittimità costituzionale dell'art. 517 c.p.p.
Corte
Costituzionale sentenza 22-26 ottobre 2012 n. 237
La
massima: “è illegittimo l’art. 517 c.p.p. nella parte
in cui non prevede la facoltà
dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato
relativamente al reato concorrente emerso nel corso dell’istruzione
dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione”.
La Corte di Appello di Torino, giudice a quo, dubita della legittimità
dell’art. 517 c.p.p. nella parte in cui esclude la possibilità per l’imputato
di richiedere al giudice del dibattimento il rito abbreviato per il reato concorrente ex art. 12 comma I lett. b) c.p.p. contestato in dibattimento
laddove la nuova contestazione inerisce un fatto che non risultava dagli atti
di indagine al momento dell’esercizio dell’azione penale.
In altre parole, il fatto è emerso nel corso
dell’istruzione dibattimentale, non in fase di indagini.
La Corte remittente ritiene che la
preclusione per l’accesso al rito abbreviato
comprimerebbe il diritto di difesa di cui
all’art. 24 comma II Costituzione.
Non sarebbe corretto addossare all’imputato
una colpevole inerzia ed esporlo alle conseguenze negative di uno sviluppo
dibattimentale di cui si sia assunto il rischio in maniera del tutto
consapevole.
Viene quindi in rilievo l’esigenza di restituire
all’imputato la facoltà di accedere al rito alternativo in relazione al nuovo
addebito per il quale non avrebbe potuto formulare una richiesta tempestiva .
Con sentenza di natura additiva, la Consulta ha reputato fondata la questione.
Innanzitutto, la Corte richiama una sua
precedente decisione (sentenza n. 333del 2009) in cui si afferma che la disciplina della nuove contestazioni
dibattimentali, 516, 517 e 518 c.p.p., è coerente con l’impostazione
accusatoria del vigente codice di rito.
Poiché nel nostro ordinamento la prova si
forma in dibattimento, tale disciplina conferisce flessibilità all’imputazione
consentendo di adattarla all’esito dell’istruzione dibattimentale: l’istituto
risponde a ragioni di economia processuale con cui contrasterebbe una
retrocessione del procedimento.
Inoltre, nella richiamata pronuncia del
2009, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 516 e
517 nella parte in cui non prevedono la facoltà dell’imputato di richiedere al
giudice del dibattimento l’abbreviato in relazione al reato concorrente ed al
fatto diverso oggetto di contestazione dibattimentale, quando la nuova
contestazione riguardi un fatto che già
risultava dagli atti di indagine al momento dell’esercizio dell’azione
penale.
La Corte ritiene che la contestazione del
reato concorrente, operata ai sensi dell’art. 517 c.p.p. costituisca un atto
equipollente a quelli tipici di esercizio dell’azione penale di cui all’art.
405 comma I c.p.p.
Determina quindi una ingiustificata disparità di trattamento e compromette
le facoltà difensive l’impossibilità per l’imputato di optare per l’abbreviato
nell’ipotesi di nuove contestazioni: l’esigenza di corrispettività tra
riduzione di pena e deflazione processuale non può prevalere sul principio di
eguaglianza né su quello di difesa.
Quest’ultimo può ben esercitarsi solo se
l’imputato abbia netti e chiari i termini dell’accusa mossa nei suoi confronti.
La scelta del rito abbreviato è delicata
e, pertanto, se all’accusa originaria se ne aggiunge una ulteriore, all’imputato
devono restituirsi termini e condizioni per valutare le sue scelte.
La richiesta di giudizio abbreviato
presuppone che in relazione al fatto
reato sia stata esercitata l’azione penale: in assenza di formale imputazione
sarebbe priva di significato.
Sulla scorta dei motivi evidenziati, la
Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 517 c.p.p. nella parte in
cui non prevede la facoltà per l’imputato di richiedere al giudice del
dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato concorrente emerso
nel corso dell’istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova
contestazione.
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