Millantato credito e corruzione: differenze


Cassazione sezione VI 19.07 – 28.08 2012 n. 33328

Non è ammesso un concorso materiale di reati ex art. 81 c.p. tra la corruzione impropria (art. 318) ed il millantato credito (art. 346 c.p.) poiché le due fattispecie si pongono in rapporto di alternanza.

L’agente che riceve il denaro o la promessa di denaro con il falso pretesto di dover corrompere il pubblico ufficiale commette il reato di millantato credito e non quello di corruzione il quale, al contrario, implica invece che la somma di denaro o la sua promessa siano data in vista della effettiva retribuzione dell’atto di ufficio che il pubblico ufficiale ha compiuto o deve compiere.

Art. 318 c.p. Corruzione per un atto d’ufficio. Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sè o per un terzo, in denaro od altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d’ufficio da lui già compiuto, la pena è della reclusione fino ad un anno (1).
(1) Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.

Art. 346 c.p. Millantato credito. Chiunque, millantando credito presso un pubblico ufficiale [c.p. 357, 382], o presso un pubblico impiegato che presti un pubblico servizio [c.p. 358, n. 1], riceve o fa dare o fa promettere, a sé o ad altri, denaro [c.p. 458] o altra utilità, come prezzo della propria mediazione verso il pubblico ufficiale o impiegato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 309 a euro 2.065 [c.p. 29, 32] (1).
La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 516 a euro 3.098 (2), se il colpevole riceve o fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, col pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo remunerare.


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