Violenza sessuale e recidiva

Corte Costituzionale 14-18 aprile 2014 n. 106

E incostituzionale l’art. 69 comma IV nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 609 bis comma III c.p. sulla recidiva reiterata di cui all’art. 99 comma IV c.p.”

La III sezione penale della Corte di Cassazione con ordinanza del 15.10.2013 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 comma III Cost. questione di legittimità costituzionale dell’art. 69 comma IV c.p. come sostituito dall’art. 3 legge n. 251/2005 laddove prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’609 bis comma III c.p. sulla recidiva reiterata ex art. 99 comma IV c.p.
Invero, il giudice a quo richiama la legge n. 66 del 1996 (norme contro la violenza sessuale) che ha unificato nella nozione di violenza sessuale le fattispecie di congiunzione carnale violenta ed atti di libidine violenti.
Secondo la Corte remittente, l’unificazione in un’unica ipotesi ha indotto il legislatore, per differenziare le ipotesi meno gravi, a prevedere una circostanza attenuante laddove il fatto abbia arrecato una minore offesa alla libertà sessuale della vittima.
Tale assunto trova conferma nella differente cornice edittale di guisa che, nelle ipotesi meno gravi, la pena è diminuita fino a due terzi.
L’art. 69 comma IV c.p. violerebbe dunque il principio di uguaglianza poiché fatti di lieve entità sarebbero sanzionati per effetto del divieto in questione con la stessa pena prevista per il comma I che disciplina ipotesi più gravi.

La Corte Costituzionale ritiene fondata la questione.
La Consulta osserva come l’introduzione della nozione unitaria di atto sessuale ha fatto sorgere l’esigenza di introdurre una circostanza attenuante per i casi di minore gravità prevedendo una riduzione della pena allo scopo di rendere proporzionata la sanzione nelle ipotesi di lesione minima.
La Corte ritiene quindi fondata la questione relativa alla proporzionalità della pena.
Il divieto posto dal comma IV dell’art. 69 c.p. deroga al principio generale che vuole il giudice custode della determinazione della pena  in un’ottica rieducativa ai sensi dell’art. 27 comma III Cost.
Nel caso di specie, il divieto di soccombenza della recidiva reiterata rispetto all’attenuante di cui al 609 bis comma III c.p. impedisce tale necessario adeguamento rendendo ingiusta la pena perché palesemente sproporzionata.
Dal divieto di prevalenza derivano quindi conseguenze irragionevoli sul piano sanzionatorio atteso il divario tra il livello minimo di anni cinque per il primo comma e di un anno ed otto mesi per il terzo comma.

E’ fondata parimenti la censura in tema di uguaglianza poiché fatti di minima entità vengono ad essere sanzionati con la medesima pena di cui al I comma del 609 bis c.p. che sanziona condotte ben più gravi.    
Per queste ragioni è stata dichiarata l’illegittimità dell’art. 69 comma IV nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 609 bis comma III c.p. sulla recidiva reiterata di cui all’art. 99 comma IV c.p.”

Normativa:
Art. 69 c.p. Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti.
1)       Quando concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, e le prime sono dal giudice ritenute prevalenti, non si tien conto delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze aggravanti.
2)       Se le circostanze attenuanti sono ritenute prevalenti sulle circostanze aggravanti, non si tien conto degli aumenti di pena stabiliti per queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti.
3)       Se fra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti il giudice ritiene che vi sia equivalenza, si applica la pena che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di dette circostanze.
4)       Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole, esclusi i casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, nonché dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui vi è divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti, ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato. 

 Art. 99 c.p. Recidiva
1)       Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo.

2)       La pena può essere aumentata fino alla metà:
1) se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole;
2) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;
3) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l'esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena.
3)       Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate al secondo comma, l'aumento di pena è della metà.
4)       Se il recidivo commette un altro delitto non colposo, l'aumento della pena, nel caso di cui al primo comma, è della metà e, nei casi previsti dal secondo comma, è di due terzi.
5)       Se si tratta di uno dei delitti indicati all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, l'aumento della pena per la recidiva è obbligatorio e, nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto.
6)       In nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo.

Art. 609-bis c.p. Violenza sessuale
1)       Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

2)       Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
3)       Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.



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