Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 24 aprile – 18 settembre 2014, n. 38344
Corte di Cassazione,
sez. Unite Penali, sentenza 24 aprile – 18 settembre 2014, n. 38344
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza deliberata il 25 maggio 2012 e
depositata il 4 giugno 2012, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma
della impugnata sentenza del 24 febbraio 2009 del Tribunale di Nola, a carico
di P.G. e di C.V. , imputati, in concorso tra loro, del furto aggravato di
alcuni indumenti, generi alimentari e cosmetici, sottratti dal supermercato
Auchan, in (…) il (omissis) , ha riconosciuto ai giudicabili appellanti
l’attenuante del danno di lieve entità; ha dichiarato la ridetta diminuente
prevalente – unitamente alle circostanze attenuanti generiche già concesse in
primo grado – sulla aggravante del mezzo fraudolento; ha ridotto la pena
inflitta da quattro mesi di reclusione e 120 Euro di multa a due mesi, venti
giorni di reclusione e 80 Euro di multa, ciascuno; ha elargito alla C.
l’ulteriore beneficio della non menzione della condanna nel certificato del
casellario giudiziale; e ha confermato nel resto la sentenza appellata.
I giudici di merito hanno accertato: i giudicabili
avevano prelevato la refurtiva dai banchi di vendita del supermercato; in
particolare, mentre la C. gli faceva da schermo, frapponendosi col proprio
corpo, P. , presa una bottiglia di birra, aveva consumato la bevanda e, quindi,
aveva riposto il contenitore semivuoto sullo scaffale; gli altri oggetti erano
stati celati in una borsa, poggiata sul carrello, o nelle tasche (del P. );
tutta la concorsuale azione delittuosa si era sviluppata sotto il costante e
diretto controllo degli addetti alla sorveglianza; costoro erano intervenuti,
subito dopo che gli imputati avevano superato la cassa, senza esibire e senza
pagare la merce furtivamente prelevata.
2. Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione
a quanto serba rilievo nella sede del presente scrutinio di legittimità, sui
punti della definizione giuridica della condotta furtiva e del diniego della
sospensione condizionale della esecuzione della pena al P. , la Corte
territoriale ha osservato quanto segue.
2.1. Sebbene l’azione sia avvenuta “sotto la
sorveglianza della autorità preposta al controllo”, la condotta degli
appellanti ha integrato il delitto di furto consumato, in quanto, secondo il
precedente di legittimità in termini, costituito dalla sentenza della Sez. 5,
n. 7086 del 19/01/2011, “è sufficiente che il bene sia passato nella
disponibilità anche temporanea dell’agente”, sicché deve essere disattesa la
richiesta di entrambi gli appellanti per la derubricazione del delitto nella
ipotesi del tentativo.
2.2. Neppure merita accoglimento la ulteriore censura
del P. , per il diniego della sospensione condizionale della esecuzione della
pena.
I precedenti penali ostano alla concessione del
beneficio, in quanto l’appellante ne ha già fruito due volte; mentre – come
esattamente considerato dal Tribunale – nulla rileva che, al momento della
commissione del furto, fosse stata depenalizzata la contravvenzione di cui
all’art. 116 del codice della strada, per la quale il P. era stato in
precedenza condannato.
3. Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per
cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocato P.C. , mediante
atto recante la data del 3 luglio 2012, depositato il 12 luglio 2012, col quale
sviluppano due motivi.
3.1. Col primo motivo il difensore ha denunziato ai
sensi dell’art. 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., inosservanza o
erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si
deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione agli
articoli 56, 110, 624 e 625 cod. pen..
Il ricorrente, dando atto del contrario arresto di
legittimità citato dalla Corte territoriale, deduce che nella giurisprudenza
della Corte di cassazione è presente l’orientamento opposto, secondo il quale,
se l’azione furtiva si svolge sotto il controllo del personale addetto alla
sorveglianza, il delitto non deve ritenersi consumato.
Argomenta, quindi, il difensore: neppure “qualora il
reo abbia oltrepassato le casse dell’esercizio commerciale senza pagare la
merce sottratta” si perfeziona l’impossessamento; infatti, “a fronte di una
situazione [...] monitorata sin dall’inizio, [...] il corpo di vigilanza [...]
del soggetto passivo ha titolo per recuperare il bene dal reo in applicazione
della scriminante della legittima difesa [...] all’interno della sfera di
dominio della vittima”.
3.2. Col secondo motivo il difensore ha denunziato, ai
sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al
diniego dalla sospensione condizionale della esecuzione della pena nei
confronti del P. .
Il ricorrente deduce: il delitto contestato è stato
commesso quando la contravvenzione di guida senza patente era stata “abolita” e
prima che il reato fosse ripristinato per effetto del decreto-legge 3 agosto
2007, n. 117, convertito dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160; sicché deve essere
applicata la legge più favorevole; mentre non rileva il ripristino successivo
della norma abrogata, come ha stabilito la Corte di cassazione con sentenza n.
23613 del 18/03/2004; il precedente di legittimità, citato dal giudice di primo
grado e, implicitamente fatto proprio dalla Corte di appello (sentenza n. 34682
dell’11/02/1982), non è pertinente, in quanto nel caso considerato il diniego
della sospensione condizionale della esecuzione della pena si fondava sulla
considerazione del disvalore “patrimoniale-commerciale” delle condotte.
4. La Quinta Sezione penale, assegnataria del ricorso,
con ordinanza, in data 22 gennaio 2014, l’ha rimesso alle Sezioni Unite a norma
dell’articolo 618 cod. proc. pen..
L’ordinanza rileva il contrasto giurisprudenziale in
ordine alla questione, oggetto del primo motivo di ricorso, della
qualificazione giuridica della condotta furtiva consistente nel prelievo di
merce dai banchi di un supermercato e nel successivo occultamento della
refurtiva all’atto del passaggio davanti al cassiere, quando tutta la azione
delittuosa si sia svolta sotto il controllo costante del personale addetto alla
vigilanza, intervenuto solo dopo che il soggetto attivo ha superato la barriera
della cassa.
4.1. Secondo un primo orientamento, cui si è
uniformata la Corte territoriale e che è stato da ultimo ribadito con sentenza
della stessa Sezione rimettente, n. 20838 del 07/02/2013, Fornella, Rv. 256499,
la condotta in parola integra gli estremi del delitto di furto consumato, nulla
rilevando, al riguardo, la circostanza che il fatto sia avvenuto sotto il
costante controllo del personale del supermercato incaricato della sorveglianza
(così ex plurimis Sez. 5, n. 7086 del 19/01/2011, Marin, Rv. 249842; Sez. 5, n.
37242 del 13/07/2010, Nasi, Rv. 248650; Sez. 5, n. 27631 del 08/06/2010,
Piccolo, Rv. 248388; Sez. 5, n. 23020 del 09/05/2008, Rissotto, Rv. 240493).
L’indirizzo in parola sostiene che il soggetto attivo
del reato nel preciso momento nel quale supera la cassa, senza mostrare (e
pagare) la refurtiva celata, perfeziona la sottrazione del bene del quale
consegue istantaneamente il possesso illegittimo.
Peraltro alcuni arresti della Sezione rimettente (non
massimati) anticipano, addirittura, il momento della consumazione del furto
(Sez. 5, n. 25555 del 15/06/2012, Magliulo, e Sez. 5, n. 30283 del 30/03/2012,
Oprea), correlandolo all’occultamento della refurtiva, prima della
presentazione alla cassa.
4.2. Secondo l’orientamento opposto, invocato dal ricorrente,
la concomitante sorveglianza continua dell’azione criminosa da parte del
soggetto passivo o dei suoi dipendenti addetti alla vigilanza impedisce la
consumazione del reato di furto, in quanto la refurtiva, appresa e occultata
permane nella sfera di vigilanza e di controllo diretto dell’offeso, il quale
può in ogni momento interrompere la condotta delittuosa (così Sez. 5, n. 11592
del 28/01/2010, Finizio, Rv. 246893; Sez. 5, n. 21937 del 06/05/2010, Lazaar,
Rv. 247410; Sez. 5, n. 7042 del 20/12/2010, dep. 2011, D’Aniello, Rv. 249835;
Sez. 4, n. 38534 del 22/09/2010, Bonora, Rv. 248863; e, in tema di rapina
impropria, Sez. 2, n. 8445 del 05/02/2013, Niang, non massimata).
A tale orientamento si riconnette, peraltro, il dictum
delle Sezioni Unite, in tema di configurabilità del tentativo di rapina
impropria, nel caso in cui non si sia perfezionata la sottrazione del bene:
“finché la cosa non sia uscita dalla sfera di sorveglianza del possessore
questi è ancora in grado di recuperarla, così facendo degradare la condotta di
apprensione del bene a mero tentativo” (Sez. U, n. 34952 del 19/04/2012,
Reina).
4.3. In conclusione, sulla base del rilevato
contrasto, la Sezione rimettente ha sottoposto la seguente questione:
“Se la condotta di sottrazione di merce all’interno di
un supermercato, avvenuta sotto il costante controllo del personale di
vigilanza, sia qualificabile come furto consumato o tentato allorché l’autore
sia fermato dopo il superamento della barriera delle casse con la merce
sottratta”.
5. Con decreto del 30 gennaio 2014 il Primo Presidente
ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite e ha fissato la trattazione per la
odierna udienza pubblica.
Considerato in diritto
1. Il ricorso dell’imputato merita, nei termini che
seguono, parziale accoglimento, in relazione al secondo motivo di impugnazione.
Il ricorso dell’imputata è totalmente infondato.
2. La questione di diritto, sottoposta all’esame di
questo Collegio, non assume, per vero, rilievo nel caso in esame.
I giudici di merito hanno accertato – e il punto
risulta affatto pacifico in giudizio – che, quanto meno per una parte della
refurtiva, il perfezionamento dell’impossessamento e della sottrazione del bene
altrui è incontrovertibile.
Infatti, il P. , in concorso colla C. , che lo
spalleggiava, ingerì il contenuto di una bottiglia di birra, prelevata dal
banco di esposizione, avendo, quindi, cura di riporre il contenitore semivuoto
sullo scaffale, per dissimulare la sottrazione.
Orbene la consumazione, in senso tecnico, del delitto,
perfezionatasi mediante la materiale ingestione del bene sottratto, rende
ininfluente la questione della definizione giuridica della concorrente condotta
relativa al compendio costituito dai residui beni, oggetto della furtiva
apprensione.
La Corte di cassazione ha fissato il principio di
diritto secondo il quale, qualora la condotta furtiva riguardi una pluralità di
cose di pertinenza dello stesso detentore, nel medesimo contesto temporale e
spaziale, se l’agente si impossessi di alcuni dei beni, senza riuscire, per cause
indipendenti dalla sua volontà, a impossessarsi degli altri, l’azione
complessa, essendo progressiva, deve essere considerata unica, in quanto la
parte più rilevante, già posta in essere, assorbe quella in itinere; e realizza
un solo e unico reato consumato delle cose sottratte, restando escluse sia
l’ipotesi del furto tentato sia quella del furto consumato in concorso con il
tentativo (così Sez. 5, n. 1985 del 07/02/1997, El Bouhtari, Rv. 208667; cui
adde Sez. 2, n. 2185 del 03/12/1975, dep. 1976, Salvatore, Rv. 132353; Sez. 5,
n. 32786 del 25/06/2013, Craparotta, Rv. 257256).
Corretta risulta, pertanto, la qualificazione del
reato operata dalla Corte territoriale.
3. In ordine al diniego della sospensione condizionale
della esecuzione della pena, chiesta dal P. , la Corte territoriale è incorsa
in vero e proprio errore di diritto, reputando che la condanna, per reato
depenalizzato, in relazione alla quale il ricorrente aveva fruito del beneficio
per la seconda volta, costituisse formale ostacolo per la reiterazione.
Al di là di alcuni arresti in tal senso, risalenti,
peraltro, nel tempo (Sez. 2, n. 3377 del 03/02/1997, Bonetta, Rv. 207552; Sez.
6, n. 35176 del 05/07/2001, Magrini, Rv. 220106 e, da ultimo, Sez. 4, n. 14857
del 27/02/2003, Torchia, Rv. 224823), la giurisprudenza di legittimità si è,
ormai, pacificamente orientata nella affermazione del principio di diritto,
secondo il quale le precedenti condanne relative a fatti non più costituenti
reato per abolitio criminis non sono preclusive della concessione del beneficio
della sospensione condizionale della pena (Sez. 6, n. 16363 del 05/02/2008,
Scaccini, Rv. 239555; cui adde, tra le altre, Sez. 4, n. 21730 del 02/03/2004,
Campolo, Rv. 228578; Sez. 5, n. 28714 del 04/07/2005, Savegnago, Rv. 231867; Sez.
5, n. 44281 del 01/07/2005, Scutti, Rv. 232621; Sez. 5, n. 18 del 27/11/2007,
dep. 2008, Colombo, Rv. 238876).
Né, alla luce dei principi della irretroattività della
legge penale e, nel caso di successione nel tempo di leggi diverse, della
applicazione di quella più favorevole per il reo, la novella recata dal
decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito dalla legge 2 ottobre 2007, n.
160 (che ha ripristinato la sanzione penale per la condotta di guida di veicolo
senza la prescritta abilitazione) assume rilievo – nel senso postulato dai
giudici di merito – della “reviviscenza degli effetti penali” della condanna
infitta per reato poi abolito.
Esclusa, pertanto, la ricorrenza del divieto formale
dell’articolo 164, comma quarto, primo inciso, cod. pen., resta, beninteso,
impregiudicata la valutazione, ai fini del giudizio prognostico di cui al primo
comma del medesimo articolo, anche delle condotte relative alle precedenti
condanne per reati poi depenalizzati (Sez. 5, n. 34682 del 11/02/2005, Marisca,
Rv. 232312, cui adde Sez. 3, n. 15164 del 16/01/2003, Gravano, secondo la quale
nel caso di sopravvenuta abolitio criminis, sebbene “la cessazione di tutti gli
effetti penali della condanna non si connette automaticamente al giudizio
prognostico di ravvedimento previsto dalla legge [...] appare logica e coerente
la considerazione che, ai fini della prognosi per il futuro, il fatto che il
soggetto ha più volte violato i precetti penali, per quanto successivamente
interessati da una modifica legislativa che ha abrogato la norma
incriminatrice, fa ritenere poco probabile che egli si astenga dal commettere
nuovi reati per l’avvenire”).
Ma in proposito non basta la mera prospettazione
dell’astratta possibilità di siffatta valutazione (evocata dal giudice di primo
grado e richiamata dalla Corte territoriale); occorre il concreto e motivato
apprezzamento della condotta ai fini del giudizio prognostico in ordine alla
sospensione condizionale della esecuzione della pena.
Si rende, pertanto, necessario un nuovo giudizio nei
confronti del P. riguardo alla sospensione condizionale della esecuzione della
pena.
4. Conseguono alle considerazioni che precedono
l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti del P. , limitatamente
alla sospensione condizionale della pena, il rinvio per nuovo giudizio sul
punto ad altra sezione della Corte di appello di Napoli; il rigetto, nel resto,
del ricorso dell’imputato; il rigetto del ricorso della C. e, ai sensi
dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna di costei al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di P.G. ,
limitatamente alla sospensione condizionale della pena, e rinvia per nuovo
giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Rigetta nel resto il ricorso di P. .
Rigetta il ricorso di C.V. che
condanna al pagamento delle spese processuali
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