L'esito positivo della messa alla prova non consente la confisca del veicolo
Il
fatto
Tizio è tratto a giudizio per guida in
stato di ebbrezza ex art. 186 CDS.
Ammesso alla messa alla prova, constatatone
l’esito positivo, il giudice emette sentenza di non doversi procedere per
estinzione del reato.
Successivamente, la Prefettura adotta
ordinanza di confisca del veicolo.
Tizio, avverso la confisca presenta
opposizione al GDP ex art. 6 d.lgs. 150/2011 che respinge confermando
l'ablazione del veicolo.
Il Tribunale, investito dell’appello
avverso la sentenza del G.d.P., solleva questione di legittimità costituzionale
del comma 6 dell’art. 224-ter c.d.s., che disciplina il procedimento di
applicazione della confisca in conseguenza di ipotesi di reato, per contrasto
con l’art. 3 della Costituzione.
Ed invero, il rimettente considera
irragionevole che, in caso di estinzione del reato per svolgimento positivo del
lavoro di pubblica utilità, il giudice debba revocare la confisca del veicolo a
norma dell’art. 186, comma 9-bis CDS e che, viceversa, in caso di estinzione
del reato per esito positivo della messa alla prova, egli debba trasmettere gli
atti al prefetto, affinché quest’ultimo, ove ne ricorrano le condizioni,
disponga la confisca del veicolo a norma del combinato disposto degli artt.
168-ter c.p. e 224-ter, comma 6 CDS.
La Consulta, reputando fondata la
questione, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6
CDS nella parte in cui prevede che il prefetto verifica la sussistenza delle
condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria
della confisca del veicolo, anziché disporne la restituzione all’avente
diritto, in caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool
per esito positivo della messa alla prova.
La
sentenza
Corte Costituzionale, sentenza 6 – 24
aprile 2020, n. 75
Presidente Cartabia – Redattore Petitti
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza dell’8 maggio 2019, il
Tribunale ordinario di Bergamo ha sollevato questione incidentale di
legittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, del decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto dall’art. 44 della
legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale),
per contrasto con l’art. 3 della Costituzione. La norma censurata violerebbe il
principio di ragionevolezza, «nella parte in cui non prevede che, in caso di
estinzione del reato (di guida in stato di ebbrezza) a seguito di esito
positivo della messa alla prova, il prefetto, anziché verificare la sussistenza
delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa
accessoria della confisca, e procedere ai sensi dell’art. 231 [recte: 213 cod.
strada], disponga [la] restituzione del veicolo sequestrato all’avente diritto,
ovvero nella parte in cui non prevede che, nel medesimo caso di estinzione del
reato (di guida in stato di ebbrezza) a seguito di esito positivo della messa
alla prova, il giudice civile, adito in sede di opposizione avverso il
provvedimento del [p]refetto che applica la sanzione amministrativa accessoria
della confisca, disponga [la] restituzione del veicolo sequestrato all’avente
diritto».
1.1.– Il rimettente espone che M.T.,
fermato mentre conduceva il proprio veicolo in stato di ebbrezza, era stato
tratto a giudizio penale innanzi al Tribunale di Bergamo, il quale, disposta la
messa alla prova e successivamente constatatone l’esito positivo, aveva emesso
sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato. M.T. aveva quindi
chiesto la restituzione del mezzo sequestrato, ed invece il Prefetto di Bergamo
ne aveva ordinato la confisca. L’opposizione avverso l’ordinanza di confisca
era stata respinta dal Giudice di pace di Bergamo, la cui sentenza era stata da
M. T. appellata nel giudizio a quo.
2.– Ad avviso del rimettente, l’autore del
reato di guida in stato di ebbrezza subisce un’irragionevole e deteriore
disparità di trattamento in ordine alla confisca del veicolo qualora il giudice
penale abbia disposto nei suoi confronti la messa alla prova, anziché il lavoro
di pubblica utilità di cui all’art. 186, comma 9-bis, cod. strada. Il giudice a
quo osserva infatti che, nel caso di svolgimento positivo del lavoro di
pubblica utilità, il giudice penale, dichiarata l’estinzione del reato, revoca
la confisca del veicolo, a norma dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada,
mentre, nel caso di esito positivo della messa alla prova, egli, dichiarata
l’estinzione del reato, trasmette gli atti al prefetto, a norma dell’art.
224-ter cod. strada, affinché quest’ultimo, ove ricorrano le condizioni di
legge, disponga la confisca del mezzo. Sarebbe irragionevole che lo svolgimento
positivo del lavoro di pubblica utilità determini la revoca giudiziale della
confisca, mentre l’esito positivo della messa alla prova lasci impregiudicata
l’applicazione prefettizia della sanzione accessoria. Le «notevoli
similitudini» tra i due istituti ne renderebbero illogica la diversità di
disciplina in punto di confisca, tanto più che la disparità appesantisce il
regime della messa alla prova, misura «già più afflittiva» rispetto all’altra,
poiché essa esige, oltre alla prestazione di lavoro in favore della
collettività, anche un’attività di riparazione del danno da reato e
l’osservanza di un programma in affidamento al servizio sociale.
2.1.– Il giudice a quo correla la rilevanza
della questione all’impossibilità di definire l’appello di cui è investito
senza la previa verifica di legittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma
6, cod. strada. Secondo il rimettente, poiché l’art. 168-ter del codice penale
stabilisce che l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova
non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, l’art.
224-ter, comma 6, cod. strada «non lascia spazio a diverse interpretazioni in
ordine alla sorte del veicolo sequestrato, nel senso [che] l’autorità
amministrativa, ove ne ricorrano le condizioni, non può che disporne la
confisca».
3.– È intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, che ha chiesto dichiararsi infondata la questione. L’Avvocatura assume
che gli istituti confrontati dal giudice a quo siano tra loro «assolutamente
eterogenei», sicché la disciplina dell’uno non potrebbe essere presa a tertium comparationis
della disciplina dell’altro in ordine alla confisca del veicolo.
Considerato
in diritto
1.– Il Tribunale ordinario di Bergamo ha
sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6,
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada),
aggiunto dall’art. 44 della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in
materia di sicurezza stradale), per contrasto con l’art. 3 della Costituzione,
nella parte in cui non prevede che, in caso di estinzione del reato di guida in
stato di ebbrezza a seguito di esito positivo della messa alla prova, il
prefetto, anziché verificare la sussistenza delle condizioni di legge per
l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca,
disponga la restituzione del veicolo sequestrato all’avente diritto, ovvero
nella parte in cui non prevede che, nel medesimo caso, il giudice civile, adito
in sede di opposizione avverso l’ordinanza prefettizia di confisca, disponga la
restituzione del veicolo sequestrato all’avente diritto.
1.1.– Il rimettente considera irragionevole
che, in caso di estinzione del reato per svolgimento positivo del lavoro di
pubblica utilità, il giudice debba revocare la confisca del veicolo a norma
dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada e che, viceversa, in caso di estinzione
del reato per esito positivo della messa alla prova, egli debba trasmettere gli
atti al prefetto, affinché quest’ultimo, ove ne ricorrano le condizioni,
disponga la confisca del veicolo a norma del combinato disposto degli artt.
168-ter del codice penale e 224-ter, comma 6, cod. strada.
2.– La questione è formulata in modo
apparentemente ancipite, poiché la violazione del parametro di ragionevolezza è
riferita, nel contempo, all’omessa previsione del dovere del prefetto di
disporre la restituzione del veicolo in caso di estinzione del reato per esito
positivo della messa alla prova «ovvero» all’omessa previsione del medesimo
dovere del giudice in sede di opposizione all’ordinanza prefettizia di
confisca.
2.1.– Per costante indirizzo di questa
Corte, «l’alternatività del petitum che rende ancipite, e pertanto
inammissibile, la questione di legittimità costituzionale è quella che non può
essere sciolta per via interpretativa, e che si configura, quindi, come un’alternatività
irrisolta (ex plurimis, sentenze n. 175 del 2018, n. 22 del 2016, n. 247 del
2015 e n. 248 del 2014; ordinanze n. 221 e n. 130 del 2017)» (sentenza n. 58
del 2020). Nel caso in esame, l’interpretazione complessiva dei termini di
formulazione suggerisce che il rimettente non abbia prospettato un’alternativa
irrisolta tra questioni plurime, ma si sia limitato ad una presentazione
sequenziale della medesima questione, laddove la congiunzione “ovvero” non ha
valore disgiuntivo, bensì esplicativo, e sta cioè per “quindi”. Secondo il
petitum sostitutivo così interpretato, l’art. 224-ter, comma 6, cod. strada
dovrebbe prevedere che, in caso di estinzione del reato per esito positivo
della messa alla prova, il prefetto deve ordinare la restituzione del veicolo
all’avente diritto; e che, “quindi”, ove il prefetto non abbia ordinato la
restituzione del veicolo, ed anzi ne abbia disposto la confisca, la
restituzione deve essere ordinata dal giudice dell’opposizione alla confisca.
3.– La questione è fondata.
3.1.– L’istituto della sospensione del
procedimento con messa alla prova è stato introdotto, per gli imputati adulti,
dalla legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene
detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni
in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti
degli irreperibili).
In particolare, l’art. 3, comma 1, della
legge n. 67 del 2014 ha aggiunto l’art. 168-bis cod. pen., che, al primo comma,
consente di chiedere la sospensione del processo con messa alla prova
all’imputato per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la
pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola,
congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal
comma 2 dell’art. 550 del codice di procedura penale. A norma dell’art.
168-bis, secondo comma, cod. pen., la messa alla prova comporta la prestazione
di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose
derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo
stesso cagionato; comporta altresì l’affidamento dell’imputato al servizio
sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro,
attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di
prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura
sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare
determinati locali.
La concessione della messa alla prova è
inoltre subordinata, per effetto del terzo comma dell’art. 168-bis cod. pen.,
alla prestazione di lavoro di pubblica utilità, consistente in una prestazione
non retribuita in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le Regioni,
le Province, i Comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni,
anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e
di volontariato. L’art. 168-ter cod. pen., esso pure aggiunto dall’art. 3,
comma 1, della legge n. 67 del 2014, stabilisce che l’esito positivo della
prova estingue il reato per cui si procede (secondo comma, primo periodo) e
che, tuttavia, l’estinzione del reato non pregiudica l’applicazione delle
sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge (secondo comma,
secondo periodo).
3.1.1.– Questa Corte ha osservato che la
messa alla prova non è una sanzione penale, poiché la sua esecuzione è rimessa
«alla spontanea osservanza delle prescrizioni da parte dell’imputato, il quale
liberamente può farla cessare, con l’unica conseguenza che il processo sospeso
riprende il suo corso» (sentenza n. 91 del 2018); pur non essendo una pena,
tuttavia, la messa alla prova manifesta, per gli imputati adulti, una
«innegabile connotazione sanzionatoria», che la differenzia dall’omologo
istituto minorile, la cui funzione è, invece, essenzialmente (ri)educativa
(sentenza n. 68 del 2019).
La connotazione sanzionatoria della messa
alla prova degli adulti viene evidenziata, tra l’altro, dalla prestazione del
lavoro di pubblica utilità, che, a norma dell’art. 168-bis, terzo comma, cod.
pen., è una componente imprescindibile dell’istituto riguardo ai maggiorenni, e
che invece, a norma dell’art. 27 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272
(Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente
della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo
penale a carico di imputati minorenni), non figura tra le prescrizioni del
progetto di intervento elaborato dai servizi minorili (ancora sentenza n. 68
del 2019).
3.2.– Aggiunto dall’art. 33, comma 1,
lettera d), della legge n. 120 del 2010, e quindi introdotto contestualmente
all’art. 224-ter cod. strada, il comma 9-bis dell’art. 186 del medesimo codice
prevede che la pena detentiva e pecuniaria per la guida in stato di ebbrezza, a
condizione che il reato non abbia provocato un incidente stradale, può essere
sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da
parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’art.
54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla
competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24
novembre 1999, n. 468), secondo le modalità ivi previste e consistente nella
prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da
svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione
stradale presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o
organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri
specializzati di lotta alle dipendenze. Ai sensi del medesimo comma 9-bis
dell’art. 186 cod. strada, in caso di svolgimento positivo del lavoro di
pubblica utilità, il giudice fissa una nuova udienza e dichiara estinto il
reato, dispone la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della
patente di guida e revoca la confisca del veicolo sequestrato.
3.2.1.– Questa Corte ha avuto modo di
sottolineare che il lavoro di pubblica utilità disciplinato dal comma 9-bis
dell’art. 186 cod. strada è, a tutti gli effetti, una pena sostitutiva
(ordinanza n. 43 del 2013). Essa svolge, peraltro, anche una funzione
“premiale”, in quanto il positivo svolgimento del lavoro sostitutivo determina
per il condannato le favorevoli conseguenze della declaratoria di estinzione
del reato, riduzione a metà della durata della sospensione della patente e
revoca della confisca del veicolo (sentenza n. 198 del 2015).
3.3.– Sia la messa alla prova ex art.
168-bis cod. pen. che il lavoro di pubblica utilità ex art. 186, comma 9-bis,
cod. strada hanno ad oggetto la prestazione di attività non retribuita in
favore della collettività. Mentre rappresenta l’essenza stessa della pena
sostitutiva di cui all’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, la prestazione di
attività non retribuita in favore della collettività è soltanto una componente
del trattamento di prova di cui all’art. 168-bis cod. pen. Infatti, a norma
dell’art. 168-bis, secondo comma, cod. pen., la messa alla prova esige anche
condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del
reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato,
e altresì l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento
di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di
rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con
il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di
movimento, al divieto di frequentare determinati locali. Il lavoro non
retribuito in favore della collettività è una componente ulteriore della messa
alla prova degli adulti, e tuttavia una componente imprescindibile, poiché, a
norma dell’art. 168-bis, terzo comma, cod. pen., «la concessione della messa
alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica
utilità».
3.4.– Per costante giurisprudenza
costituzionale, la discrezionalità del legislatore nella determinazione del
trattamento sanzionatorio dei fatti di reato incontra il limite della manifesta
irragionevolezza delle scelte compiute (ex plurimis, sentenze n. 155 del 2019 e
n. 222 del 2018; ordinanza n. 207 del 2019), e tale limite vale anche nella
definizione degli istituti processualpenalistici (ex plurimis, sentenze n. 155
del 2019 e n. 236 del 2018).
3.4.1.– Orbene, è manifestamente
irragionevole che, pur al cospetto di una prestazione analoga, qual è il lavoro
di pubblica utilità, e pur a fronte della medesima conseguenza dell’estinzione
del reato, la confisca del veicolo venga meno per revoca del giudice, nel caso
di svolgimento positivo del lavoro sostitutivo, e possa essere invece disposta
per ordine del prefetto, nel caso di esito positivo della messa alla prova.
L’irragionevolezza è resa ancor più
evidente dal fatto che la sanzione amministrativa accessoria della confisca,
mentre viene meno per revoca giudiziale nell’ipotesi di svolgimento positivo
del lavoro sostitutivo, può essere disposta per ordinanza prefettizia
nell’ipotesi di esito positivo della messa alla prova nonostante quest’ultima
costituisca una misura più articolata ed impegnativa dell’altra, in quanto il
lavoro di pubblica utilità vi figura insieme al compimento di atti riparatori da
parte dell’imputato e all’affidamento dello stesso al servizio sociale.
3.4.2.– I profili differenziali tra i due
istituti non sono in grado di giustificare la previsione dell’applicabilità
della confisca nel caso in cui la messa alla prova si sia conclusa
positivamente, con la conseguente estinzione del reato. Non lo è la circostanza
che, a differenza della messa alla prova dell’adulto, applicabile solo a
richiesta dell’imputato, il lavoro di pubblica utilità previsto dall’art. 186,
comma 9-bis, cod. strada può essere applicato dal giudice anche d’ufficio, alla
sola condizione che l’imputato non vi si opponga (ordinanza n. 43 del 2013). Il
differente ruolo della volontà dell’imputato nell’applicazione delle due misure
non incide sull’oggettività della prestazione lavorativa resa in favore della
collettività, e con esito egualmente positivo, sicché esso non può giustificare
un diseguale trattamento delle fattispecie in ordine alla confisca del veicolo.
Né la giustificazione della disparità di trattamento può essere rinvenuta nel
fatto che, a norma dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, il lavoro
sostitutivo deve svolgersi «in via prioritaria» nel campo della sicurezza e
dell’educazione stradale. Avendo carattere non perentorio, ma soltanto
preferenziale, questa disposizione non è sufficiente a differenziare, in
termini generali e assoluti, l’attività non retribuita svolta quale pena
sostitutiva da quella viceversa prestata nell’ambito della messa alla prova.
3.4.3.– Come già ricordato, nonostante la
base volontaria che la distingue dalla pena, la messa alla prova dell’adulto
determina pur sempre un «trattamento sanzionatorio» dell’imputato, ciò che
questa Corte ha riconosciuto con la sentenza n. 91 del 2018, in adesivo
richiamo alla sentenza 31 marzo 2016-1° settembre 2016, n. 36272, delle sezioni
unite penali della Corte di cassazione. La circostanza che tale trattamento
sanzionatorio abbia una sua indefettibile componente nella prestazione del
lavoro di pubblica utilità – come evidenziato da questa Corte nella sentenza n.
68 del 2019 – denuncia la manifesta irragionevolezza della possibilità di
applicazione della confisca nel caso di estinzione del reato di guida in stato
di ebbrezza per effetto dell’esito positivo della messa alla prova di cui
all’art. 168-bis cod. pen.
3.4.4.– In proposito, deve rilevarsi che,
al momento dell’introduzione dell’art. 224-ter cod. strada, avvenuta
contestualmente all’aggiunta dell’art. 186, comma 9-bis, del medesimo codice, l’ordinamento
non prevedeva ancora l’istituto della messa alla prova per gli imputati adulti,
quale autonoma causa di estinzione del reato. In occasione di tale riforma, il
legislatore, mediante il comma 6 dell’art. 224-ter cod. strada, ha disciplinato
gli effetti che le varie ipotesi di estinzione del reato producono in ordine
alle sanzioni amministrative accessorie, prevedendo che, mentre l’estinzione
«per morte dell’imputato» comporta il venir meno delle sanzioni accessorie già
in essere, l’estinzione del reato «per altra causa» investe il prefetto della
verifica di sussistenza delle relative condizioni di applicazione. Nel
contempo, tuttavia, mediante l’aggiunta del comma 9-bis dell’art. 186 cod.
strada, il legislatore ha introdotto una specifica, e nuova, ipotesi di
estinzione del reato, appunto quella del positivo svolgimento del lavoro di
pubblica utilità, anch’essa incidente sulle sanzioni amministrative accessorie,
giacché ne deriva la revoca della confisca del veicolo, oltre alla dimidiazione
della sospensione della patente di guida. In tal modo, il legislatore ha
delineato un peculiare “microsistema”, all’interno del quale l’estinzione del
reato per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in ragione della
sua evidente natura “premiale”, esclude la confisca del veicolo, in deroga alla
disciplina delle altre ipotesi di estinzione del reato (diverse dalla morte
dell’imputato), che, non condividendo quella natura “premiale”, contemplano
l’eventualità della confisca prefettizia (si pensi, innanzitutto, alla
prescrizione del reato). L’interna coerenza di questo “microsistema” è stata
alterata dalla sopravvenuta disciplina della messa alla prova, con effetti
distorsivi sull’attuale portata applicativa dell’art. 224-ter, comma 6, cod.
strada. Infatti, la possibilità che, pur in caso di estinzione del reato di
guida in stato di ebbrezza per esito positivo della messa alla prova, il
prefetto disponga, ricorrendone le condizioni, la confisca del veicolo (della
cui disponibilità, peraltro, l’imputato è stato privato sin dal momento del
sequestro) – laddove lo stesso codice della strada prevede, per il caso in cui
il processo si sia concluso con l’emissione di una sentenza di condanna e con
l’applicazione della pena sostitutiva, non solo l’estinzione del medesimo reato
di guida in stato di ebbrezza, ma anche la revoca della confisca del veicolo
per effetto del solo svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità –
risulta manifestamente irragionevole, ove rapportata alla natura, alla finalità
e alla disciplina dell’istituto della messa alla prova, come delineate anche
dalla giurisprudenza di questa Corte, prima richiamata.
3.4.5.– La disciplina degli istituti
incentivanti nel trattamento sanzionatorio dei reati stradali non aggravati ha
un evidente carattere speciale, come dimostra proprio la pena sostitutiva del
lavoro di pubblica utilità per la guida in stato di ebbrezza non aggravata da
incidente, la cui funzione “premiale” questa Corte ha già sottolineato
(sentenza n. 198 del 2015). Attesa la sua portata generale, la sopravvenuta
disposizione dell’art. 168-ter cod. pen., secondo la quale l’estinzione del
reato per esito positivo della messa alla prova non pregiudica l’applicazione
delle sanzioni amministrative accessorie, non interferisce con la menzionata
disciplina speciale, in quanto, mancando elementi indicativi di una contraria
volontà del legislatore, opera il criterio lex generalis posterior non derogat
priori speciali (tra le tante, sentenze n. 2 del 2008 e n. 41 del 1992).
3.5.– Per quanto sopra detto, l’art.
224-ter, comma 6, cod. strada è manifestamente irragionevole. Come già chiarito
nell’escludere il carattere ancipite della questione, il profilo enunciato dal
rimettente circa i doveri decisori del giudice dell’opposizione alla confisca è
meramente consequenziale a quello riguardante i doveri provvedimentali del
prefetto, sicché non occorre sottoporlo ad autonomo esame, né farlo oggetto di
autonoma pronuncia.
4.– Deve essere quindi dichiarata
l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 Cost., dell’art.
224-ter, comma 6, cod. strada, nella parte in cui prevede che il prefetto
verifica la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della
sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, anziché disporne
la restituzione all'avente diritto, in caso di estinzione del reato di guida
sotto l’influenza dell’alcool per esito positivo della messa alla prova.
Per questi motivi la Corte Costituzionale
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in
cui prevede che il prefetto verifica la sussistenza delle condizioni di legge
per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca del
veicolo, anziché disporne la restituzione all’avente diritto, in caso di
estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool per esito positivo
della messa alla prova.
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