Parcheggiatore abusivo e tentata estorsione



Cassazione, Sez. II, 12 febbraio – 27 maggio 2020, n. 16030

Il fatto storico
Tizio, parcheggiatore abusivo, intima a Caia, che ha appena parcheggiato la sua auto, di corrispondergli una somma di denaro.
La donna oppone un netto rifiuto e Tizio la minaccia insistendo per ottenere il pagamento intimandole, in caso contrario, di spostare l’autovettura.
Tratto a giudizio, Tizio è condannato in I grado per tentata estorsione, sentenza poi riformata in appello nel delitto di tentata violenza privata.
Avverso la decisione di II grado propone ricorso per Cassazione il procuratore generale ritenendo doversi qualificare il fatto come tentativo di estorsione.

La decisione
La Suprema Corte accoglie il ricorso richiamando un precedente orientamento secondo cui commette il reato di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni colui che, con violenza o minaccia, pretenda il pagamento di un compenso per l'attività di parcheggiatore abusivo (Cass., Sez. II, n. 15137 del 09.03.2010).
Parimenti, ritiene integrata l'ipotesi di estorsione tentata e non già di violenza privata poiché le minacce erano funzionali ad ottenere un ingiusto vantaggio patrimoniale (e non soltanto lo spostamento dell’auto fine a se stesso) cui non seguiva il danno ingiusto soltanto grazie all’opposizione della persona offesa.
La Corte quindi annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte di appello qualificati i fatti contestati ai sensi degli artt. 56 e 629 c.p.

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