Se lo scooter impedisce il passaggio dell'auto è violenza privata.
Il
fatto storico
Tizio,
alla guida del proprio ciclomotore, dirige lo scooter verso l'automobile della
persona offesa, impedendo a quest’ultima di poter uscire dal parcheggio.
Pur
esaurendosi la condotta in pochi minuti e, di fatto, non impedendo alla persona
offesa di uscire dal parcheggio alla guida della propria vettura, il centauro è
stato condannato per violenza privata ex art. 610 c.p. poiché, ricorda
la Corte, il delitto in questione ha natura di reato istantaneo.
In
altri termini, per la consumazione del reato è irrilevante che la condotta
criminosa si protragga nel tempo perché il requisito della violenza si
identifica con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di
determinazione e di azione la persona offesa che quindi è costretta a fare,
tollerare od omettere qualcosa contro la propria volontà.
La
sentenza
Cassazione,
sez. V Penale, 16 dicembre 2019 – 4 giugno 2020, n. 16967
Ritenuto
in fatto
Con
la sentenza impugnata la Corte di Appello di Trieste ha confermato la pronunzia
di primo grado nei confronti dell'imputato, condannato alla pena giustizia per
il reato di violenza privata.
1.
Avverso la pronunzia ha proposto ricorso la difesa, che, col primo motivo, ha
lamentato l'errata applicazione delle norme processuali sulla notifica al
difensore di fiducia ex art 161/4 cpp. Infatti l'imputato nel corso dell'esame
cui si era sottoposto nel giudizio di primo grado, aveva dichiarato le
generalità ed il domicilio in Trieste in Via dell'Edera civico 6. Diversamente
l'avviso di deposito della sentenza fuori termine gli era stato notificato in
Via dell'Edera 2, come del resto il decreto di citazione in appello. Si sarebbe
pertanto, determinata la mancata conoscenza dell'atto.
2.
Tramite il secondo motivo si è dedotta l'omessa motivazione riguardo alla
sussistenza dell'art 610 cp, poiché il comportamento addebitato al ricorrente
si sarebbe esaurito in pochi minuti, consistendo nel dirigere il motorino verso
l'automobile della persona offesa, atteggiamento che non aveva impedito alla
stessa di uscire dal parcheggio.
All'odierna
udienza il PG, dr Bi., ha concluso per il rigetto ed il difensore presente,
avvocato Eq., si è riportato ai motivi.
Considerato
in diritto
Il
ricorso è inammissibile.
1.
La doglianza sollevata dalla difesa col primo motivo è inammissibile per la sua
genericità e manifestamente infondata in diritto. Infatti, in alcun modo si è
contestata la legittimità della precedente dichiarazione di domicilio fatta
dall'attuale giudicabile, che risulta indicata anche nell'intestazione della
sentenza in Via dell'Edera 2, domicilio dichiarato.
Il
ricorrente pretende di dare valore di nuova dichiarazione di domicilio, valida
ai sensi e per gli effetti ex art. 161 cpp, alle informazioni date dall'
imputato, nel corso del suo esame ex art 503 cpp, sulle sue generalità, senza
neppure dedurre che vi sia stato un mutamento di domicilio, che del resto
avrebbe dovuto essere comunicato all'Autorità giudiziaria procedente ex art 162
cpp.
2.
Quanto al secondo motivo, esso ignora la natura di reato istantaneo
riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità al delitto di violenza
privata, ragion per cui è irrilevante, per la consumazione dello stesso, che la
condotta criminosa si protragga nel tempo. In proposito si è, inoltre,
costantemente precisato che il requisito della violenza, ai fini della
configurabilità del delitto, si identifica con qualsiasi mezzo idoneo a privare
coattivamente della libertà di determinazione e di azione l'offeso, il quale
sia, pertanto, costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la
propria volontà.
Sez.
5, Sentenza n. 3403 del 17/12/2003 Ud. (dep. 29/01/2004 ) Rv. 228063. In senso
conforme Sez. 5, Sentenza n. 1913 del 16/10/2017 Ud. (dep. 17/01/2018) Rv.
272322, che ha esaminato un caso concreto analogo al presente, nel quale
l'imputato aveva parcheggiato la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato
in modo tale da bloccarne il passaggio, impedendo l'accesso alla persona offesa.
Alla
luce dei principi e delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di Euro tremila in favore della cassa
delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara
inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento di Euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
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