Furto tentato e consumato.
Il criterio distintivo tra consumazione e tentativo nel delitto di furto risiede nella circostanza che l’imputato consegua, anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva.
Orbene, ai fini della configurazione dell’autonoma disponibilità della cosa, che determina la consumazione del reato, è sufficiente che l’agente abbia conseguito anche solo momentaneamente l’esclusiva signoria di fatto sul bene.
Presidente Pezzullo – Relatore Morosini
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza impugnata la Corte di
appello di Torino ha confermato la condanna, pronunciata all’esito di giudizio
abbreviato, di G.L. per il reato di furto, aggravato dall’uso di un mezzo
fraudolento, compiuto impossessandosi di due paia di pantaloni e di una felpa
esposti in vendita presso un negozio Upim; mentre, riconosciuta la circostanza
attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, ha ridotto la pena inflitta.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato,
tramite il difensore, proponendo un unico motivo con il quale denuncia
violazione di legge in punto di mancata riqualificazione del fatto da furto
consumato a furto tentato.
Sostiene il ricorrente, richiamando tra le
altre le Sezioni Unite n. 52117 del 2014, che l’imputato non ha mai acquisito
una autonoma disponibilità sui beni sottratti in quanto ha agito sotto il
diretto controllo dell’addetto alla sicurezza, il quale, in un primo momento,
lo ha fermato e poi lo ha nuovamente "bloccato" unitamente ad
"un altro vigilante ragionevolmente allertato".
3. Nessuna delle parti ha avanzato richiesta
di discussione orale, dunque il processo segue il cd. "rito scritto"
ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 12-ter, convertito con L. n.
27 del 2020.
4. Il Procuratore generale ha trasmesso, tramite posta elettronica certificata, la propria requisitoria scritta con la quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; con la medesima modalità il difensore dell’imputato ha inviato le proprie articolate conclusioni, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta
infondatezza alla luce dei principi consolidati della giurisprudenza di
legittimità.
2. Sulla base delle prove in atti, i giudici
di merito hanno ricostruito il fatto come segue:
- M.A. , addetto alla vigilanza presso il
negozio Upim di (…), osservando, dalle vetrate esterne, l’interno del negozio,
si accorge che l’imputato preleva alcuni capi di abbigliamento e li nasconde
all’interno della propria borsa;
- l’imputato oltrepassa le casse senza
effettuare alcun pagamento e senza far scattare l’allarme antitaccheggio, in
quanto, si scoprirà poi, la borsa è "schermata";
- M. raggiunge l’uomo che, vistosi scoperto,
si dà alla fuga;
- l’imputato viene comunque bloccato dopo
dieci metri "da M. e da un altro vigilante".
2.1. La Corte di appello ritiene che il reato
sia giunto a consumazione in quanto "il punto di osservazione dell’addetto
alla sicurezza non gli avrebbe consentito di intervenire in qualunque momento
per bloccare l’azione criminosa.
Inoltre l’imputato, anche se per un breve
tratto, fuggì, assicurandosi per qualche istante il dominio esclusivo sulla
cosa" (pag. 3 sentenza impugnata).
La decisione è corretta per il secondo degli
argomenti svolti.
2.2. Come insegnano le Sezioni Unite Prevete,
richiamate anche dal ricorrente (n. 52117 del 17/07/2014, Rv. 261186): "In
caso di furto in supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere,
esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento
della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona
offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze
dell’ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo "in
continenti", impediscono la consumazione del delitto di furto che resta
allo stadio del tentativo, non avendo l’agente conseguito, neppure
momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non
ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto
passivo".
L’ordito motivazionale della sentenza delle Sezioni Unite Prevete offre utili parametri interpretativi:
- il reato non può ritenersi consumato allorché l’autore del furto non abbia acquisito il possesso della refurtiva;
- l’impossessamento postula il conseguimento,
sia pure momentaneo, della signoria del bene sottratto, intesa come piena,
autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva da parte dell’agente;
- la concomitante vigilanza, attuale e
immanente, della persona offesa (o di un addetto alla sicurezza) e l’intervento
esercitato in continenti a difesa della detenzione del bene materialmente
appreso, ma ancora non uscito dalla sfera del controllo del soggetto passivo,
ostano alla consumazione del reato e circoscrivono la condotta delittuosa
nell’ambito del tentativo;
- il furto giunge a consumazione nel momento
in cui si realizza una completa rescissione (anche se istantanea) della
signoria che sul bene esercitava il detentore.
2.2 Nel caso in esame l’imputato, fermato dal
M. , si è dato alla fuga sicché in quel momento il reato è giunto a
consumazione, perché il detentore ha perduto la signoria sul bene.
Poco rileva che il possesso, così conseguito
dall’agente, abbia avuto una durata molto limitata (dopo "dieci
metri" gli addetti alla vigilanza hanno raggiunto e fermato l’imputato),
quel che importa è che nell’attimo in cui l’imputato è fuggito, portando con sé
i capi di abbigliamento sottratti, la merce è uscita dalla sfera di controllo
del soggetto passivo per entrare nella disponibilità autonoma dell’imputato.
Invero il criterio distintivo tra
consumazione e tentativo risiede nella circostanza che l’imputato consegua,
anche se per breve tempo, la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della
refurtiva (Sez. 5, n. 26749 del 11/04/2016, Ouerghi, Rv. 267266; Sez. 5, n.
48880 del 17/09/2018, S., Rv. 274016).
Si è precisato che: "ai fini della
configurazione dell’autonoma disponibilità della cosa, che segna il momento
acquisitivo a cui l’impossessamento è funzionale, non rileva il dato temporale
ex se, essendo sufficiente che l’agente abbia conseguito anche solo
momentaneamente l’esclusiva signoria di fatto sul bene, assumendo, invece,
decisivo rilievo la effettiva concretizzazione del rischio di definitiva
dispersione, anche se questa non si sia, di fatto, realizzata per l’intervento
di fattori causali successivi ed autonomi.
In altri termini, l’agente acquisisce l’autonoma disponibilità della cosa sottratta - e la fattispecie si realizza in forma consumata - solo quando il soggetto passivo del reato ne perda, correlativamente, la detenzione, anche mediata attraverso forme indirette di vigilanza e custodia" (Sez. 5, n. 48880 del 17/09/2018, S., in motivazione).
3. Dalla inammissibilità del ricorso discende
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento della somma, ritenuta equa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro
3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
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