Tentata violenza sessuale
Cassazione, Sez. II, ud. 16 marzo 2022 (dep. 4 maggio
2022), n. 17717
La
massima
“E’
configurabile il tentativo del delitto di violenza sessuale quando, pur in
mancanza del contatto fisico tra imputato e persona offesa, la condotta tenuta
dal primo denoti il requisito soggettivo dell’intenzione di raggiungere
l’appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo dell’idoneità a
violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale»”
Ritenuto in fatto
1.Il
giudice per le indagini preliminari di Padova applicava al ricorrente la pena
concordata ai sensi dell'art. 444 c.p.p., ritenendo sussistente il vincolo
della continuazione la continuazione tra la contestazione relativa al tentativo
di violenza sessuale e quella relativa all'estorsione consumata.
Si
contestava al ricorrente (a) di avere tentato di costringere la vittima a
patire atti sessuali attraverso continue minacce effettuate con messaggi o per
telefono; (b) di avere tentato di costringere la stessa persona offesa a
consegnargli la somma di Euro 1000, minacciandola che se non lo avesse fatto
avrebbe rappresentato al marito l'incontro che era avvenuto tra di loro a
Venezia.
2.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che
deduceva: 2.1. violazione di legge (art. 629 e 609 bis c.p.): si contestava la
correttezza della qualificazione giuridica, deducendo che la condotta definita
come violenza sessuale avrebbe dovuto essere qualificata come estorsione,
tenuto conto che tra le richieste del ricorrente vi era anche l'elargizione di
una somma di denaro. Si deduceva, altresì, che le condotte contestate sarebbero
inidonee a violare la libertà di autodeterminazione della persona offesa.
2.2.
Violazione del divieto di ne bis in idem (art. 649 c.p.p.): il ricorrente
sarebbe stato punito due volte per lo stesso fatto, in quanto la descrizione
della condotta relativa al tentativo di violenza sessuale sarebbe del tutto
sovrapponibile a quella di estorsione.
Considerato in diritto
1.
Il ricorso è infondato.
1.1.Quanto
alla qualificazione giuridica della condotta descritta nel primo capo di
imputazione (che il ricorrente vorrebbe fosse inquadrata come estorsione invece
che come tentativo di violenza sessuale): il collegio condivide la
giurisprudenza secondo cui è configurabile il tentativo del delitto di violenza
sessuale quando, pur in mancanza del contatto fisico tra imputato e persona
offesa, la condotta tenuta dal primo denoti il requisito soggettivo
dell'intenzione di raggiungere l'appagamento dei propri istinti sessuali e
quello oggettivo dell'idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della
vittima nella sfera sessuale (Sez. 3, Sentenza n. 34128 del 23/05/2006, Viggiano,
Rv. 234778 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 41985 del 09/09/2021, S., Rv. 282205 - 01)
Nessuna
censura può, pertanto, essere mossa nei confronti della scelta di assegnare
alla condotta descritta nel primo capo di imputazione la qualifica di tentata
violenza sessuale, dato che le minacce che il ricorrente ha proferito per
telefono, e attraverso i messaggi, risultavano sicuramente dirette a coartare
la libertà sessuale della vittima e ad indurla a consumare atti sessuali.
1.2.
Anche il secondo motivo di ricorso, che invoca la violazione del divieto del ne
bis in idem, è infondato.
Il
collegio ribadisce che per verificare/idem factum alla luce dei principi
espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 200 del 2016 è necessario
che l'autorità giudiziaria confronti i fatti contestati "sulla base della
triade condotta-nesso causale-evento naturalistico": solo la coincidenza
di questi elementi consente di affermare che si procede per fatti identici
(Corte cost n. 200 del 2016).
Pertanto:
se per verificare l'idem factum è decisiva non solo la identità della condotta
illecita, ma anche l'identità dell'evento, non può ritenersi che i fatti siano
identici quando, pur riguardando la stessa persona offesa, le condotte
offendano beni giuridici diversi, come la libertà sessuale ed il patrimonio.
Nel
caso in esame nel primo capo di imputazione è descritto il tentativo di
costringere la vittima a consumare atti sessuali e, solo in aggiunta,
"anche" il tentativo di costringerla a consegnare una somma di
denaro; condotta che, tuttavia, è stata separatamente contestata anche nel
secondo capo di imputazione; deve pertanto ritenersi che solo questa seconda
parte della condotta - che ripete pedissequamente quella descritta nel capo di
imputazione che descrive il tentativo di estorsione - sia assorbita in quest'ultimo.
In
conclusione, si ritiene che la sentenza impugnata abbia ritenuto legittimamente
distinte le condotte descritte nel primo e nel secondo capo di imputazione: la
descrizione della triade "condotta- nesso causale- evento" contenuta
nelle due imputazioni fa infatti emergere infatti una perseverante azione
minatoria diretta a ledere, in successione, due beni giuridici distinti - la
libertà sessuale ed il patrimonio.
2.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso la
parte che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento.
P.Q.M.
Rigetta
il ricorso è condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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